Scuola: la Dad con i migranti a Trieste

La Dad, didattica a distanza, è arrivata anche alla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, di Trieste e qui si è trasformata in un vero e proprio luogo virtuale di confronto. Marina Del Fabbro ci porta, fermi dal computer di casa, in giro per il mondo, tra le voci e le testimonianze di Indra, Salma, Alì, Gaurov, Melita e il piccolo Dazin di dieci anni che si cimenta con la sorella Ana nella stesura di un breve tema. “I nomi sono di fantasia, ma le persone sono vere”, scrive Marina e reali sono le loro storie ed esperienze.

La Dad con i migranti a Trieste, confronti virtuali
di Marina Del Fabbro

– Sono Indra, vengo dal Bangladesh, non capisco italiano.
– Salma, iraniana, parlo poco poco.
– Alì, muratore, arrivato un mese fa.
– Gaurov: capisco poco, parlo niente!

I nomi sono di fantasia, le persone sono vere. Anche la Penny Wirton di Trieste, una piccola ma vivace scuola che offre una prima alfabetizzazione ai migranti, ha dovuto fermarsi per l’emergenza coronavirus. La scuola è nata qualche anno fa a seguito di una visita a Trieste del suo fondatore, Eraldo Affinati, su invito del Centro culturale Veritas e Uciim-Trieste. Segue una cinquantina di persone di varia estrazione, età e provenienza: Iran, Kosovo, Bangladesh e altri. Studenti e insegnanti, tutti volontari, in rapporto uno a uno si ingegnano come possono. Ci vuole molta fantasia e duttilità tra testi, schede, ma soprattutto materiale  visivo e tattile preparato all’occorrenza e indispensabile quando manca qualsiasi competenza condivisa. E poi, insostituibile in questi casi, la mimica e il linguaggio gestuale.

La scuola virtuale

Difficile, in un simile contesto, in cui mancano strumenti informatici, lingua veicolare, competenze digitali, attivare un insegnamento a distanza: le sole comunicazioni per spiegare cosa sta succedendo, cosa e come fare per instaurare un contatto risultano estremamente difficili. Eppure, chi con il cellulare, chi con le mail, chi usando le più diverse piattaforme,  anche i volontari Penny Wirton sono riusciti a ristabilire un contatto con i loro studenti.

Tra i più giovani c’è Ana, arrivata pochi mesi fa dal Kosovo senza conoscere una sola parola di italiano e già alle prese, è stata inserita in una  terza media, con le preposizioni articolate, i tempi verbali e lei, musulmana, si sta confrontando con la provvidenza divina, la monaca di Monza e il voto di Lucia dei Promessi sposi. Ma anche il fratellino Dazin cui, da casa sua, si è aggiunta la cugina Melita. Loro, più impacciati, hanno festeggiato la ripresa del contatto con un’uscita virtuale al bar dove loro hanno ordinato e chiesto di pagare un caffè e un gelato. Hanno anche scritto un tema breve in collaborazione che poi hanno spedito su Whatsapp.

Il tema di Dazin e Ana

“Oggi sono a casa perche dobbiamo toti vincere il coronavirus. bisogna lavarsi bene le mani, non tocare naso, bocca, viso, l’orequie. Non dobbiamo uscire, mettere una mascherina sulla bocca. Il contaggio e in tuto il mondo. A casa faccio i compiti, lego, guardo il tv, il telefono, mangio… non posso andare al corso di italiano ma parlo con la maestra al telefono. Sono in camera sul letto vicino mia sorella. Ho quaderno e matita. In torno a me vedo la maestra, finestra, porta, armadio, letto, tavolo. Lego un libro. Ho fatto pausa, imparo italiano”.

Dazin ha dieci anni, in Italia da settembre: la sua passione è il calcio, ma in questi mesi non può allenarsi. Mostra con molto orgoglio le sue scarpette da calcio rosse. Melita è più grande,  vorrebbe diventare parrucchiera: è molto determinata e volonterosa, ma è appena arrivata in Italia senza conoscere la nostra lingua e non ha occasione di parlare italiano. Ana è un fenomeno. Sta imparando, tutte insieme, tre lingue: italiano, ma anche inglese e tedesco cui vorrebbe aggiungere il francese (le piace il suono) e poi l’arabo per leggere il Corano. Fa danza classica, teatro, coro: il suo progetto è diventare medico.

Bravi ragazzi, per voi certamente “andrà tutto bene”.

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