Persecuzioni religiose in Pakistan: la storia di Muna

“Picchiatemi pure, ma io sono cristiana e non prego come musulmani. Le maestre picchiavano. Tanto. Faceva male, tanto male ma con bastone che dopo non si vedeva. E dopo mani in acqua fredda. Papà non sapeva. Gridavano. Non dire niente a papà, se no picchio più forte. Piangevo. Non per me, per bambini piccoli. Loro non capivano. Io otto anni, capivo. Adesso sono contenta. In Italia non c’è violenza”.

Sono le parole di Muna (nome di fantasia), riportate dalla sua insegnante , Marina Di Fabbro, volontaria della Penny Wirton di Trieste, scuola di italiano gratuita per migranti, che ci racconta la storia della ragazza.

Muna ha tredici anni, è arrivata a Trieste dal Pakistan solo l’anno scorso. Di persecuzioni, lei e la sua famiglia ne hanno subite tante: emarginazione sociale, disprezzo, offese, valanghe di insulti scaricati contro di loro perché cristiani. “Quando a scuola merenda tutti via da me, dicevano ero sporca, non lavare. Dicevano noi mangiare come bestie per terra, però non vero”, racconta.

Adesso Muna è felice di poter frequentare la catechesi per prepararsi a ricevere i sacramenti, serve a messa e ogni mattina con la sua famiglia si alza presto per iniziare la giornata con una preghiera. Anche con la lingua italiana se la cava benino: in due anni ha imparato a parlare.  “Maestra, non solo parlare, anche pensare in italiano”, dice. Riesce a seguire il programma della classe a scuola senza troppe riduzioni. È solo in seconda media ma ha grandi progetti. “Farò astronauta, attrice, dottoressa”, spiega. È romantica, ama le cose belle.

Ma tanti anni di emarginazione e scuola confessionale musulmana, condotta prevalentemente a suon di botte, sono duri da recuperare nella capacità di costruire relazioni umane soprattutto. Così, oltre allo studio dell’italiano, le ho proposto visite alla città: chiese, musei, caffè storici. È stato bellissimo. Sbalordita e ammirata non faceva che scattare foto per non dimenticare nulla: dai sontuosi abiti del Museo Orientale, all’affascinante interno della Cattedrale di San Giusto sfavillante di mosaici, ai raffinati ambienti dei caffè storici triestini. E poi la Scala dei Giganti, piazza Unità e, per finire, una bottega equosolidale per comprare dolci e – la sua passione –  una tavoletta di cioccolato fondente amaro.

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