Migranti: un affaccio sul mondo grazie alla Dad

Chiusi in camera, a causa dell’emergenza sanitaria, ma con un affaccio sul mondo di fuori grazie alla Dad, la didattica a distanza attivata alla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti.

Da alcuni mesi la Penny Wirton, infatti, raggiunge donne, uomini e minorenni non accompagnati direttamente nei centri di accoglienza grazie a una vera e propria rivoluzione telematica operata dalle maestre e dai maestri. Girando la fotocamera del cellulare o portando in giro per casa il computer si può mostrare un  frigorifero o una pentola, una finestra e indicare il sole alto nel cielo azzurro.

Tutto questo ci racconta la volontaria di Roma, Marinella Garozzo, in questo post, in cui ci fa riflettere sui legami che si creano nonostante il filtro di uno schermo, nonostante le decine e decine di chilometri di distanza.  “Un legame amicale ben più importante dell’apprendimento di singole nozioni grammaticali, che si imparano anche  senza sapere di averle imparate grazie al virtuale affettivo”.

Un affaccio sul mondo fuori
di Marinella Garozzo

Ci eravamo conosciuti in altro modo, direi in un altro mondo, quando era possibile avere un contatto reale – e non solo virtuale – con gli alunni, e potevo guidare con la mia mano quella incerta e timida del giovane tunisino, egiziano o bengalese, minore d’età ma non d’esperienza di vita,  infondergli con quel semplice gesto fiducia in se e in noi, e con il sorriso tranquillizzarlo che avrebbe presto imparato la lingua italiana e soprattutto che  avrebbe trovato serenità e amicizia in mezzo a noi, alla scuola Penny Wirton.

Quando però Mina mi è stato affidato per la lezione a distanza non riuscivo a collegare il nome al viso, ma al primo contatto visivo tramite Whatsapp l’ho riconosciuto dal sorriso genuino e fiducioso dei suoi occhi e delle sue labbra. Ed è cominciata l’avventura!

Accettare la nuova sfida proposta da Luce ed Eraldo è stato atto immediato e coerente con tutta la mia oramai lunga esperienza  di docente. Non sono “tecnologica” ma curiosa e tenace sì, quindi non mi scoraggio facilmente ed esploro le nuove vie fruibili con un semplice smartphone e lo schermo del computer e poi… ci vuole fantasia!

– Non conosci la parola frigorifero?  Aspetta, ti porto nella mia cucina e ti faccio vedere il frigorifero.
– Ah, sì!, e sorride.

Così per tutte le parole usuali della colazione e dei pasti giornalieri.

– E la pentola?
– Eccola! Ma a che serve?  A cucinare.

E impariamo la coniugazione di cucinare.

– Cosa hai mangiato oggi? La pasta? Ti piace la pasta?

E usiamo l’espressione mi piace/mi piacciono.

– La bicicletta che cos’è? Io non l’ho in casa.

Allora interviene internet, trovo la foto di una bicicletta e dal computer va sul video Whatsapp.

Anche il testo “Italiani anche noi” è un supporto valido: scelte alcune pagine, le invio in allegato all’operatore del Cpim che prontamente le stampa e le consegna a Mina. Su questi fogli scrive e legge, e io lo seguo da lontano, ma è un lontano fisico, non affettivo. E poi c’è il “dentro” e il “fuori”: apriamo la finestra e vediamo cosa c’è fuori. Dalla mia finestra cosa vedi? E dalla tua? C’è il sole da te? Qui no (abitiamo in due zone lontane di Roma e spesso le condizioni atmosferiche  sono diverse).

E così, quasi giocando, impara a usare i tempi verbali (apro/ho aperto; chiudo/ho chiuso), a distinguere il dentro dal fuori, a descrivere una situazione che si verifica in tempo reale davanti ai nostri occhi.

Oramai Mina conosce la mia casa dentro e fuori come io conosco la sua camera dentro e fuori.

E poi ci sono i racconti illustrati di Bruno che hanno avuto un gran successo, ci divertono e ci aiutano. Li rileggiamo quasi a ogni lezione. E ogni volta ci suggeriscono qualcosa di nuovo da imparare, ora il tempo verbale, ora il nome sconosciuto, ora i colori, e così via.

Mina è contento. Quando apriamo il collegamento, è sempre un po’ assonnato, perché anche le sue giornate sono sempre uguali e noiose, come le nostre, ma per lui, giovanissimo egiziano chiuso in un centro per minorenni non accompagnati il sacrificio del confinamento è più pesante. Alla mia chiamata presto si risveglia e mi saluta sorridendo, pronto a passare un’ora in mia compagnia.

Le prime volte entrava sempre qualcuno nella sua camera, lo stuzzicava parlando nella loro lingua, e lo infastidiva interrompendo la lezione. Inizialmente non aveva la forza o forse la voglia di reagire, ma dopo la prima settimana si è imposto convinto evidentemente che quell’ora con me era tutta sua.

Perché queste lezioni sono occasione di incontro, diversivi alla scansione del quotidiano che può deprimere, un affaccio sul mondo di fuori, e creano un legame amicale ben più importante dell’apprendimento di singole nozioni grammaticali. Che si imparano anche  senza sapere di averle imparate grazie al virtuale affettivo.

Sono convinta che anche se a settembre sarà possibile ritornare sui banchi della scuola Penny Wirton, questo patrimonio esperienziale non andrà perduto, ma per le prospettive suggerite potrà essere raccolto e  utilizzato anche solo come elemento integrativo di un nuovo modello di didattica.

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