Migranti: la lingua come ponte per l’inclusione

Per i migranti la lingua è il primo ponte da attraversare per andare verso l’inclusione in una nuova comunità. In assenza di un linguaggio comune, che sia parlato, scritto o anche articolato sui segni, per l’essere umano è impossibile stabilire relazioni umane.

Per questo, per molti degli studenti che frequentano la Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, anche nei momenti più difficili, il ricordo delle aule – in cui per la prima volta hanno potuto esprimere emozioni e pensieri in una lingua nuova – è sempre gradevole ed è capace di strappare un sorriso.

Ce lo ricorda bene la storia di Alion, minorenne non accompagnato, proveniente dal Kosovo, e che ha frequentato la Penny Wirton Trieste: ora, da maggiorenne, è in viaggio verso una nuova fase della vita, pronto ad attraversare un altro ponte.


ALION

di Marina Del Fabbro

Alion è kosovaro, ha diciassette anni, è a Trieste da soli cinque mesi. È uno studente eccellente: all’arrivo alla Penny Wirton non conosceva una parola di italiano eppure in breve tempo ha raggiunto un ottimo livello di comprensione. E poi è serio, puntuale, rigoroso.

Di carattere è assolutamente controllato e riservato. Tutti gli altri studenti, dopo un primo comprensibile periodo di ambientamento, si sciolgono, mostrano sul cellulare foto del loro Paese e della famiglia, raccontano la loro vita, condividono con noi progetti e speranze.

Alion, niente: non ha mai tradito un’emozione, non ha mai cercato di incrociare lo sguardo di uno di noi, né ha mai espresso desideri, di se stesso ha raccontato il minimo. Anche del suo vissuto a Trieste ha lasciato trapelare ben poco: a tutte le domande ha sempre dato risposte cortesi ma brevissime, evasive e generiche. Difficile farlo sbottonare, quasi impossibile riuscire a conoscerlo.

– Alion, progetti per il futuro?
– Imparare italiano, trovare lavoro”
– E che lavoro ti piacerebbe? Il cameriere, come in Kosovo?
– Non importa, basta lavorare
– Desideri, speranze?
– Come vorrà Allah
– Notizie dalla famiglia?
– Bene
– Giretto in centro con gli amici?
– No, studiato e dormito.

Insomma: un ragazzo diligente, educato, determinato, ma decisamente impermeabile. Ma pochi giorni fa qualcosa è cambiato.

– Alion, la prossima settimana sarai maggiorenne. Andrai a lavorare a Treviso, da un cugino del papà, giusto?
– Sì
– Qui ti sei trovato bene: ti dispiace lasciare la comunità, gli altri ragazzi, Trieste?”
– No
– No? Davvero, no? Non lasci nessun amico, nessun ricordo? Eppure avrai visto o vissuto qualcosa di bello: l’estate al mare, qualche partita di calcio con i ragazzi…
– La scuola di italiano

Alion risponde, sempre senza sollevare gli occhi dal libro e sempre evitando lo sguardo ma io resto sorpresa. “La scuola”, è una risposta che non mi aspettavo ma è una bella risposta. E due giorni dopo ricevo un messaggino, con una foto scattata dall’automobile mentre è in viaggio, che dice: “Grazie mille, ci sentiamo”.

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