Migranti. I viaggi passano, i dolori restano: Africa-Italia

Dalla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, di Milano riceviamo e pubblichiamo le testimonianze di due migranti arrivati in Italia dall’Africa. Nel primo breve racconto la ventenne Annabel dalla Nigeria riassume in poche parole le torture subite, nel secondo il diciottenne Amadou arrivato dal Mali ci riporta nel cuore del colpo di Stato del 2012, quando era un bambino di 13 anni ed è rimasto orfano. Entrambi i nomi sono di fantasia, le loro storie e i loro viaggi invece sono reali. Come i dolori che si portano dietro.

I viaggi passano, i dolori restano: Nigeria-Italia

di Annabel, nome di fantasia di una giovane nigeriana

Ho vent’anni, sono nata in Nigeria ed ero analfabeta. Nel mio paese non sono mai andata a scuola, per questo mi piace tanto venire qui, a studiare, a imparare l’italiano, a leggere e a scrivere. Nel mio Paese non avevo niente, né soldi, né cibo, né lavoro. Per venire in Italia sono stata costretta a passare dalla Libia, dove stavo in un campo. Una notte sono stata presa da alcuni militari, sono stata immobilizzata, legata, violentata e poi scacciata. Ero incinta quando sono sbarcata in Sicilia. Il mio bambino, che porto a scuola con me, adesso ha sei mesi e l’ho chiamato Destiny.

I viaggi passano, i dolori restano: Mali-Italia

di Amadou, nome di fantasia di un giovane malese

Ho diciotto anni e sono nato in Mali. Mi vergogno dell’orticaria che ho sul collo e sulle braccia. I miei genitori erano molto poveri ed ero stato adottato da una famiglia benestante nel mio Paese. Vivevo in una casa comoda e andavo a scuola. Poi sono iniziati i massacri dopo il colpo di Stato del 2012 e molti sono fuggiti. I miei genitori adottivi sono stati uccisi. A tredici anni ero orfano, solo, senza denaro e minacciato di morte. Sono scappato dal Mali attraverso il deserto e ho lavorato per anni facendo di tutto, quello che trovavo, per sopravvivere. Poi sono finito in Libia, dove ho continuato a lavorare nei campi come uno schiavo. Lì ho incontrato un uomo più grande di me che mi ha spinto a fuggire con lui. Abbiamo racimolato i soldi per pagare un trafficante che ci ha imbarcati su una piccola nave. Durante la traversata ci hanno assalito i pirati, c’è stata una sparatoria e il mio amico è morto. Sono arrivato in Sicilia di nuovo solo e a Milano mi hanno accolto in una comunità per rifugiati dove un medico mi ha curato. Mi piace studiare l’italiano e sto imparando a capirlo e a parlarlo. A volte non mi sento bene e allora non vengo a lezione, anche se lo so che
qui non devo avere più paura. Adesso mi hanno iscritto a un corso per il lavoro e spero di poter finalmente cominciare a vivere.

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