Migranti: conversazioni sulla città

Muhammad ha 33 anni, è siriano e vive a Roma da sette mesi. La sua storia è quella di centinaia di altri migranti: sbarco in Italia, approdo in Germania, respingimento nonostante il ricongiungimento familiare, rientro nel nostro Paese e Cas. Muhammad, come tutti, ha un sogno nel cassetto e, se non fosse che il suo è un desiderio un po’ stravagante ma speciale, questa sembrerebbe una tra le tante storie di lotta tra ragione e sentimento, tra quello che sostiene la legge e il cuore che detta le sue leggi.

Storie che vale, sempre e comunque, la pena di raccontare. Ma stavolta un po’ di più. Un quadro delicato: una conversazione, tra le strade cittadine, tra un’anziana volontaria e un giovane migrante, con un sogno insolito nel cuore.

In bocca al lupo, Muhammad! I sogni si realizzano, noi alla Penny Wirton, scuola di italiano gratuita per migranti, ci crediamo.

Conversazioni sulla città
di Caterina Cadorna

Ieri mattina ho dato appuntamento alle 11 a Muhammad davanti a un bar a via Marsala, dato che l’unico posto di Roma che conosceva era la stazione Termini e, nonostante la mascherina, ci siamo immediatamente riconosciuti. Abbiamo deciso di parlare in inglese e di lasciar stare per un poco da parte l’italiano, perchè lui potesse solo guardare senza troppe complicazioni. Per fortuna Muhammad parla l’inglese piuttosto bene ed è quello che ha facilitato sempre le nostre lezioni.

Era allegrissimo e molto grato di questa opportunità del tutto insolita per lui. Io avevo un’ora, un’ora e mezza, a disposizione e ho pensato di fargli fare un giro del centro, entrando dalle mura di Porta Pia, piazza Barberini, Quirinale, piazza Venezia, Colosseo, Circo Massimo e poi il Tevere e su fino alla piazza Garibaldi per fargli vedere Roma dall’alto. Poi San Pietro, Castel Sant’Angelo, piazza Navona e di nuovo indietro, ripassando per piazza Venezia fino a Termini.

C’è di che far stramazzare chiunque! Alla fine, l’ho lasciato in pieno stato confusionale per le tante cose viste a volo d’uccello ma molto contento. Un po’ di italiano è anche venuto fuori ma, soprattutto, lui ha scoperto per la prima volta dopo sette mesi il luogo in cui vive.

Una storia, molto comune, dei tempi che viviamo.

Prima di tutto c’è da dire che Muhammad non è un ragazzino, ha 33 anni, è siriano, ben vestito, con dei modi molto gentili ed educati, non ho ben capito che studi abbia fatto esattamente ma è certamente acculturato, con competenze tecniche di elettronica: ha lasciato la Siria parecchi anni fa con moglie e un figlio che adesso ha sette anni. In realtà so poco perché non l’ho mai voluto interrogare troppo a fondo, lasciando che sia lui a parlare della sua vicenda quando ne ha il desiderio. Quello che so è che è stato in Arabia dove si trovano attualmente sua moglie e il bambino (bellissimi tutti e due!) e poi in Germania ed è in Germania, e non in Italia, che voleva rimanere perché lì ha dei fratelli. La Germania però lo ha respinto perché lui era arrivato via Italia e in Italia lo ha rispedito.

Qui non ha contatti con altri siriani, non conosce nessuno e, se capisco bene, nel Cas dove abita, non trova grande aiuto. Il Ramadam è stato un bel periodo perchè gli ha dato una scansione precisa della giornata e gli ha fatto conoscere qualcuno alla Moschea della sua zona. Lì cucinava per tutti la sera e questo lo faceva stare molto più sereno. Parla tutti i giorni con suo figlio e sua moglie e, ovviamente cerca lavoro, coltivando sempre un sogno che è quello di costruire un carrettino/bicicletta per portare in giro per la città pannocchie di grano da mangiare arrostite sul momento, come si usa molto in Siria. Di questo carrettino ha il modello che mi ha mostrato varie volte. Lui è convinto che a Roma avrebbe molto successo. Ho cercato di spiegargli che ci vogliono permessi di vario tipo per vendere cibo da strada, che c’è il rischio di finire in qualche giro di racket, e poi non sono sicuro che i romani apprezzino più di tanto le pannocchie… ma questo però non si può sapere, e non gliel’ho detto).

Muhammad pensa sempre a questo carrettino da realizzare e a un certo punto del nostro giro ho capito che lui guardava i luoghi dove gli sarebbe piaciuto fermarsi a vendere le pannocchie: piazza Navona, piazza Venezia, Castel Sant’Angelo, piazza Garibaldi. In fondo la bellezza della città non lo interessava, nè lo colpiva più di tanto. Era colpito da quante cose vecchie ci fossero: palazzi, chiese e nessun grattacielo o palazzo nuovo. Strade strette. “Deve essere scomodo – mi ha detto – vivere in centro, come fai a parcheggiare la macchina sotto casa?”. Ho cercato di raccontargli come questa sia una città fatta a strati, secolo dopo secolo. Lui viene da un Paese altrettanto pieno di meraviglie antiche e di straordinaria bellezza, ma so bene che non vedi il bello se non sei educato, almeno un poco, a vederlo.

La città, domenica, era piena di gente che sciamava per il centro desiderosa di divertirsi, una città totalmente estranea a tutto quello che gli è familiare, forse inaccessibile, nonostante l’anziana signora che prova a insegnargli l’italiano e a fargli vedere San Pietro e i corazzieri fuori dal Quirinale. Ce la farà mai Muhammad, e con lui tutti i Muhammad che approdano da noi in fuga da guerre e fame, a farsi raggiungere da moglie e figlio? A trovare un lavoro che gli dia da vivere, a costruirsi un futuro? Mi è sembrata un’impresa ancora più enorme di quella che mai avevo concepito ma ci spero, e intanto facciamo lezione.

Oggi due ore. Tema: Conversazione sulla città.

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