Scuola: Cecilia, ci sono e il mondo mi si apre intorno

Cecilia Capanna, che firma questo post, è una delle insegnanti volontarie della scuola Penny Wirton di Roma. Cecilia qui ci racconta l’incontro con Mohamed, uno studente di ventuno anni originario del Gambia che ha un’età “a metà tra la mia prima e il mio secondo figlio”. La storia di Mohamed è simile a quella di centinaia di altri giovani che affrontano viaggi terribili nella speranza di trovare, al di là del mare, una vita migliore. Fossimo nati in un altro luogo del mondo Mohamed potrebbe essere nostro fratello, nostro figlio o semplicemente un nostro amico, a cui augureremmo tutto il bene possibile. Cecilia ci fa riflettere su quanto la relazione umana accorcia ogni distanza tra le persone, al di là dell’età, della razza e della religione. E ci ricorda che la scuola Penny Wirton “è il luogo dove non entrano stemmi e bandiere, dove si incontrano persone, ognuna con la propria storia, che condividono parole, sogni e speranze, nude e crude, senza paura, unite in una solida catena, spontanea, incondizionata”.

Mohamed
di Cecilia Capanna

Lezione 1 – Mohamed tiene gli occhi bassi, sempre. Li ha alzati solo di sfuggita per vedere che faccia ho quando mi è stato assegnato come studente. In quel lampo ho visto tutta la sua paura, tutto il suo dolore, tutta la sua diffidenza e mi sono sentita inadeguata. Ha un cappello di lana lavorata a coste larghe, a contenere i suoi capelli indomabili. Mohamed viene dal Gambia, ha ventuno anni, a metà tra la mia prima e il mio secondo figlio. Non parla italiano, sa a malapena scrivere e leggere solo in stampato maiuscolo. Se ne vergogna. Guardo fissa i suoi occhi bassi e scherzo con lui ma il sorriso non arriva mai. Ho l’impressione che mi disprezzi.

Lezione 2 – Ha ripetuto con me il presente del verbo essere, voglio farglielo imparare a memoria. “Io sono Mohamed, tu sei Cecilia”. “Stai parlando italiano”. Abbozza un sorriso e finalmente mi guarda negli occhi. Sono quasi incredula, forse questo accenno di gioia è una mia proiezione. Decido di allargare questa piccola breccia e gli chiedo del suo viaggio per arrivare in Italia. Il nuvolone cupo torna ad avvolgerlo e noto che prende a tremare. Idiota che sono, imbecille sono! Lui però comincia a raccontare in inglese stentato. Partito a quindici anni dal Gambia, da solo a piedi ha raggiunto la Libia. Otto volte i trafficanti gli hanno fatto lo stesso scherzetto nei cinque anni successivi. La prima volta gli hanno preso tutti i soldi che aveva, lo hanno messo su una bagnarola che dopo un’ora di viaggio è stata fermata e riportata indietro, tutti i passeggeri in prigione, ma non una prigione come le nostre: uno stanzone sovraffollato, un posto di orrore, malattia e tortura. Per uscire e per poter ripartire lo hanno fatto lavorare come uno schiavo. Altre sei volte è stato imbarcato e riportato indietro, di nuovo prigione, di nuovo schiavitù, tutto da capo. L’anno scorso è sbarcato in Sicilia ed è arrivato a Roma. Non riesco a fare altre domande, i miei occhi fissi sulle cicatrici che ha sulle braccia, cuore e respiro fermi e tanta vergogna da annebbiarmi la vista. Penso ai miei figli.

Lezione 3 – Sono arrivata tardi ma Mohamed mi ha aspettato e ha anche occupato con la sua borsetta colorata il tavolo per la nostra lezione. Allora si fida di me, avrebbe potuto andare con un’altra insegnante. Oggi impariamo a scrivere e a leggere in stampato minuscolo, aggiorno con questo obiettivo il foglio dei contenuti della lezione. In meno di venti minuti legge e scrive spedito e mi ritrovo a spiegargli maschile, femminile, singolare, plurale, in O, in A, e pure in E. Non faccio altro che aggiungere roba sul foglio. Esercizio: leggi e volgi al plurale questi nomi. Arriviamo alla parola “marito”. Mi guarda, sgrana gli occhi e mi dice: “No many marito, only one, only one marito, plurale non c’è!”. Ridiamo tanto, più lui che io, che di fatto è meglio che sorvoli sull’argomento “mariti”, ma che soprattutto ho bisogno per forza di respirare profondo, come dopo un’apnea. La porta è aperta, il canale è aperto, la mente è aperta, il cuore è aperto e io non ho fatto niente, ci sono e basta.

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