Trieste: studente sarto ringrazia cucendo le tende
Un migrante egiziano imbraccia ago e filo e sostituisce le tende della scuola di italiano gratuita per migranti
Nel tempo le tende della scuola di italiano gratuita per migranti Penny Wirton di Trieste si erano sfrangiate: era giunto il momento di sostituirle, ma nessuno dei volontari era in grado di farlo. E così si è fatto avanti Samir, studente egiziano, che ha appreso il mestiere di sarto fin da bambino nel suo Paese. Ce ne parla l’insegnante volontaria Marina Del Fabbro nel racconto che segue.
Samir, studente sarto sistema le tende
Samir, uno dei nostri studenti, ci ha detto di essere sarto: già da bambino nel suo Egitto ha lavorato per diversi anni nella bottega di un amico di famiglia e poi anche per conto suo. E non erano solo riparazioni, confezionava anche pantaloni, felpe, e molto altro. Si è proposto così per confezionare le tende, ma come fare per la macchina da cucire? Qui in Italia ovviamente non ce l’ha. E in realtà nemmeno più in Egitto. E dire che era professionale, “bellissima, molto bellissima”: ha dovuto venderla per pagarsi il viaggio.
“Se è solo questione di macchina da cucire, ci penso io”: una volontaria recupera la Singer di sua madre, gliela porta. Lui la piazza sul comodino vicino al letto, l’unico piccolo ripiano di cui dispone, chiede a un amico di sostenergli la stoffa e di aiutarlo per le misure e in pochi giorni le tende sono confezionate e subito montate.
Il giorno della consegna Samir è visibilmente soddisfatto, e noi pure: anche se la vita lo porterà altrove, qui resterà un segno tangibile del suo passaggio, della sua simpatia, del suo lavoro.
Vita non facile la sua: ha sempre dovuto lavorare per cui la scuola, la madrasa, l’ha frequentata pochissimo. Ancora bambino per alcuni anni ha fatto l’apprendista meccanico, poi ha lavorato presso un amico sarto e infine in proprio. Ma poi è dovuto scappare: a piedi, in Libia dove è stato preso perché “tu piccolo, tu cosa fare qui?” e sbattuto in carcere, “in galera” come dice lui dove “sotto terra, tanti, stretti come bestie, senza mangiare”. Quanto tempo? Non ricorda. Ma il peggio doveva ancora venire: il viaggio su un barcone che ricorda abbassando lo sguardo e scuotendo la testa: “Brutto, bruttissimo. Paura, tanta, tanta paura, freddo, onde e mio amico morto”. Finalmente in Italia. Dove però inizia un’odissea in vari campi tra Brindisi, Bari, Milano, Brescia con lunghe e sofferte permanenze in ospedale per denutrizione e scabbia. Infine Trieste. “Qui bene! Adesso un amico mi trova posto come muratore”, dice Samir ma poi, con i soldi guadagnati, vuole tornare in Egitto per ritrovare la famiglia e per dire ai suoi amici di non sognarsi di fare mai e poi mai un viaggio come il suo. E infine, magari, chissà, potrà acquistare una macchina da cucire sua e anche qui in Italia riprendere a fare il sarto perché “Cucire è bello, bellissimo!”.